QUESTA TERRA È LA TERRA CHE HO SEMPRE SOGNATO!


Storia di Silvano Galantini 
A cura di Olivia Santavenere

Nel 1912 qui ci vivevano 22 persone, noi siamo la famiglia Galantini e si vive qui da oltre 200 anni, podere Ansoli, frazione di Casi, comune di Rufina.

Io sono Silvano Galantini, vivo qui da quando sono nato, sono sposato ho tre figlioli e un nipote, sempre fatto il contadino, conosco la vita di 40 anni fa come conosco questa d’ ora e si potrebbe raccontare tante cose che non finirebbero mai.
Prima il contadino era autosufficiente si può dire, seminava di tutto, grano formentone per la polenda, foraggio per le bestie. Quello che facevano prima i contadini: lavoravano con le bestie, avevano una famiglia numerosa e anche noi fino al 70 s’aveva gli animali: mucche, polli, conigli, maiali, ora ci s’ha solo tre galline per far l’ova. In seguito ci siamo dovuti meccanizzare, prima il trincia, poi il trattore e s’è fatto il vigneto, prima le vite erano sparse in qua e là mica come ora, si piantò gli alberi da frutto e la moglie prendeva la macchina e andava a portare la frutta al mercato.

Fino al 1980 la nostra famiglia era a mezzadria e poi semo riusciti a riscattare questo podere dopo 200 anni che la nostra famiglia l’era stata dentro a lavorare!

Dal 50 al 70 le campagne si sono spopolate, si sono spopolate a vista d’occhio e chi è rimasto si è dovuto meccanizzare per forza. Poi c’era un fatto, allora una ragazza non sposava più un contadino. Noi si era 5 fratelli e due sorelle; prima si viveva tutti qui, io ero quello che mi dicevano: “i’ che tu fai quassù, vieni verso Pontassieve, Firenze”, e io dicevo “se vo via di qui vo più su!” I contadini quando andean via da un podere andean sempre in giù per il verso dell’acqua, questo l’è vero, l’è un detto eh! E io per battuta dicevo “se vo via di qui vado in su”. Come mai gli è nato i paesi? perché la gente son convogliati tutti lì.

Le persone, c’è quello che ce l’ha e quello che non c’è l’ha l’attaccamento alla terra, al posto. Io ero il terzo dei fratelli e per la legge dei fasci non mi hanno preso nemmeno a fare il militare, nemmeno quello, mi è toccato sempre lavorare! Durante la guerra mi hanno preso due volte i tedeschi, se non scappavo mi avrebbero portato in Germania.

Si, come dicevo poc’anzi, le ragazze non volevano sposare più un contadino, io mi sposai e la unn‘era nemmeno contadina! l’era, ma poi la smesse; perché forse si era una società ignorante, ignorante parecchio ! perché i’ che aveva un contadino ? Oddio c’eran delle case che neanche i polli ci stiano, non c’era luce, né bagno, senza docce, né persiane. Ma è importante sapersi arrangiare, è importante sapersi arrangiare in tutti i momenti, chi sa fare solo una sola cosa è un po’ poco. Perché l’emancipazione la viaggia, la non scherza mica! 

Quando s’andava a scuola a Falgano si portava perfino un fastellino di legna per scaldarsi , s’aveva i calzon corti allora. A scuola ci sono andato fino alla terza poi sono andato alle serali. La vita di prima era più semplice e non si contestava nulla, oggi la si ‘ole parecchio più veloce e si contesta tutto, anche questo è un male della società.

Io mi sono sempre dato da fare anche quando ero giovanotto, se non avevo 10 mila lire in tasca mi sembrava di essere un disgraziato. Ho fatto di tutto, boscaiolo, nel dopoguerra a mettere la luce per le case, mi sono dato da fare, a innestare, piantare.. sai quante piante ho messo…. Però anche quando c’era il proprietario di molti eran sempre in contrasto. Anche con i proprietari bisogna saper trattare, io, allora, ero più padrone del padrone, non gli rubavo mica nulla lo stesso, ma cercavo di portarlo a fare delle cose che oggi ci hanno portato a questo, a avere il mi podere; l’è inutile se tu ti metti a repentaglio un tu fai nulla di bono, non ottieni nulla! 

Io cercavo di non mettermi in contrasto; per far fruttare la terra, impiantare le vigne, comprare il trattore, bisognava ci fosse un dialogo se no un s’arrivava a questo. Ai nostri signori anche a dargli una carota son bell’e contenti ! Noi si sta ancora tutti qui, un podere di 15 ettari In questa zona qui c’era di tutto: vino, olio, grano, fieno, la biada per le bestie si seminava i ceci..

Magari il lavoro di oggi è migliore, meno duro … ma costa di più, le spese sono di più come le vite, prima uno o due trattamenti bastavano e solo zolfo e ramato, oggi 6 o 7 trattamenti un bastano! Poi va tutto specificato, quello che si fa ora; dieci anni fa andavi al frantoio e per fare 10 quintali di olio ci voleva 10 ore, ora se tu vai, 10 quintali d’olio, in due ore anche meno si torna a casa. Il lavoro ora è più costoso perché le macchine le costano, se va via un dado del trattore ti ci vole 100 euro, guadagni di più ma spendi di più, se tu realizzi qualche cosa in più tu spendi di più . 

Ora siamo a piantare 5300 viti , poi s’ha da mettere i pali, 5300 vite piantate in un giorno, è venuta la ditta, tutti extracomunitari, son venuti col pulmino, l’eran in 10, ma poi bravi, se un s’aveva loro, gli extracomunitari, un ci si faceva mica, dalla mattina alla sera senza alzare il capo, c’era il caporale eh! Io lo riconosco, un son mica un razzista senza di loro un ce l’avremmo fatta. Questi extracomunitari fanno anche il nostro interesso perché costano poco, io lo so, ho fissato un tanto a vite, ma a loro se gli hanno dato 20 o 50 euro non lo so, gli avranno dato 40 euro, uhm… se glieli hanno dati! La mi’ moglie e i’ mi’ figliolo gli hanno portato il caffè ni’ campo, un glielo avevano dato in nessun posto, li hanno ringraziati mille volte, sembrava gli avessero portato chissà che cosa! 

La vita l’è migliorata tanto, però non era malvagia neanche prima se uno si volea bene, andea d’accordo con le persone, perché è tutto lì, perché quando c’è qualcosa che non va tra le persone è lì che tu sta’ male. L’era più semplice la vita, un c’erano mica tutte le cose d’ora: tegame tondo, tegame quadro … Quando si accendeva il forno da ragazzi l’era una festa, io ci aveo uno zio, li faceva lui: il pane, la schiacciata a mezzo forno e per pasqua facea i panini. 

Si facevano le veglie, ci si trovava tutti nelle case, con la briscola, d’inverno si faceva le bruciate poi si faceva il vino in cantina, il vino si faceva in cantina allora, il vino quando tu lo metti nelle botti va guardato tutte le sere. Anche quando si avea le vacche gli si facea le nottate se dovean partorire, a volte non venivano i vitelli, allora si legavano per le gambe con le funi e si tiravano, io gli ho dato anche il caffè ai vitellini, e mi ricordo di una volta che mi successe un guaio, un vitellozzo mi scappò, per riacchiapparlo gli tirai un pugno, mi cascò in terra stordito, oddio l’ho morto! poi si rialzò sonato come un pugile sul ring, chi lo sa dove lo presi! 

Noi giovani si ballava in cucina e quelli più anziani erano a giocare a briscola nella stalla .perché c’era caldo! E d’istate, noi ragazzi s’era messo un fusto di quelli della benzina e la sera ci si lavava con l’acqua scaldata dal sole, poi d’inverno con la tinozza s’andava a farlo nella stalla il bagno, al caldo!

Cinquanta sessanta anni fa il lavoro in campagna era “da sole a sole”; le faccende si facevano insieme, se non avessi chiamato qualcuno alla battitura se ne offendeva quello lì. La vendemmia, la battitura, la segatura, abbarcare il grano la sera, tutte le faccende più pesanti si facevano insieme. Ci si conosceva tutti e se avevi finito di fare le tu’ faccende andavi ad aiutare di là, si lavorava una giornata di qui e una giornata di là, e bere, bere sempre vino, in campagna c’era sempre il vino sul tavolo del contadino, mai l’acqua. Quando si faceva la segatura la merenda l’era ni’ campo con il tegame dell’ova, i carciofi o il lesso rifatto e un bicchiere solo e una forchetta sola, d’istate si faceva anche la colazione ni’ campo.

Con la mi’ moglie ci siamo conosciuti a Carnevale a ballare alla casa del popolo qui vicino, c’erano delle feste enormi, venivan dalla Rufina da tutte le parti, lei stava a Casi, il podere confinante. Io sono sempre stato a Casi, nato, battezzato, sposato sempre a Casi e gli ho detto al priore che voglio essere seppellito qui , lui mi ha risposto “ Sta tranquillo in qualche posto ti si mette! ” .

Quando una donna doveva partorire si chiamava la levatrice e noi ci s’aveva una zia che quando si doveva fare qualcosa fuori dall’ordinario si chiamava lei. Quando si doveva fare un pranzo per un battesimo, la battitura, ribattere le materasse, le cose di campagna, anche quando c’era da fare i dolci, le famose paste reali sempre la zia. 

Poi in campagna per voler andar bene con la terra, nelle piccole aziende come noi, bisogna saper far di tutto, casca il muro bisogna saper fare il muro, innestare, se c’è da innestare una pianta che tu chiami l’innestino per innestare una pianta? Tu l’innesti. C’è da imbiancare lo stalletto di’ maiale se tu l’hai, tu lo rimbianchi, tutti i piccoli attrezzi da tenere in ordine, son tutte quelle piccolezze ma necessarie; ora c’è da mettere l’olio nel trattore, tener pulita la cantina. Quando pioveva si lavorava in casa, si faceva i panieri, le ceste, le cassette per le olive, tutto icché c’era da fare, pulire i vinchi, i salci per legare le viti e poi e poi…

Io rifarei tutto quello che ho fatto anzi se potessi ritornare indietro farei qualcosa di più. Il guadagno, oggi, non è una esagerazione sia chiaro, bisogna lavorare parecchio, ora ci hai la casa, sei tranquillo, sei libero ma alla fin dell’anno… e se rimanesse un euro l’è già qualcosa!

Oggi siamo rimasti tutti qui, noi, io e la mi’ moglie e i nostri tre figlioli. Il maggiore fa il sindacalista, la femmina lavora a Firenze, ma non ci tornerebbe di casa, e Daniele ha studiato agraria e l’ha presa lui l’azienda, l’é nel consiglio della cantina sociale e nel consiglio dell’olificio, più di così non potevo sperare. Con il mi’ nipote siamo qui da otto generazioni!

Il titolo che vorrei dare a questo racconto? Questa è la terra che ho sempre sognato! Perché? Perché su questa terra c’ho vissuto, mi sono spaccato la schiena per laorarla, non me l’ha mica regalata nessuno!; t’ho detto ora quanta passione ho auto di rimanere, un sarà stato un sogno!

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